Roberto Sironi: tra Ricerca e Materia

“A differenza del prodotto, che è legato più a un’idea di serialità e di consumo, l’artefatto incorpora delle qualità soggettive e rimane sospeso tra essere una scultura, un arredo, una micro-architettura.” Roberto Sironi

Fotografie: Andrea Ferrari
Regia: Nicola Pietromarchi

Tag: Behind the scenes

Gli artefatti di Roberto Sironi rompono il concetto di scopo primario e rendono sfocato il confine tra oggetto funzionale e scultura. L’ispirazione arriva da diverse fonti, come il rapporto tra uomo e natura, la ritualità, l’analisi storiografia: conoscere le radici del soggetto permette al designer di ottenere spunti e suggestioni da declinare in oggetti, arredi e opere che esprimono il suo punto di vista e offrono anche una riflessione contemporanea sul tema analizzato. Le sperimentazioni materiche sono al centro di ogni progetto, un modo per approcciarsi alla materia attraverso diverse prospettive, tra cui quella preziosa e sensibile delle realtà artigianali con cui collabora per realizzare i suoi artefatti. Si sviluppa così un approccio research-based in cui studio, pensiero e abilità manuali confluiscono in opere considerate “ultra-segni” perché la materia diventa protagonista di un processo di trasformazione che le assegna nuovi significati e fa emergere qualità nascoste.

Roberto Sironi

Il tavolino basso Brut

Per Tacchini, Roberto Sironi ha creato Brut e Cassero, presentati al Salone del Mobile di Milano 2024. Abbiamo incontrato il designer per farci raccontare qualcosa in più sul profondo significato che ha per lui la matericità.

Cod. BRTTB130
W 130 D 110 H 34 cm

Perché il tuo approccio con la materia è così fondamentale?

RS — La materia incorpora una serie di caratteristiche e di valori che il progetto ha il compito di esprimere. Per me è importante essere consapevoli delle qualità che incorpora il materiale che ho scelto di usare, quali sono le sue origini, il suo apparato storico-artistico, i processi di lavorazione del materiale stesso. Nutro un grande rispetto per la materia, che è sempre un compendium di informazioni e di conoscenze.

Che rapporto hai con gli “oggetti/artefatti” che concepisci?

RS — Spesso il rapporto è fisico, nel senso che molti artefatti sono realizzati direttamente da me, o quantomeno realizzo il modello attraverso le diverse tecniche scultoree. Brut, per esempio, è un oggetto replicabile ma conserva nella memoria della materia le tracce della modellazione in cera che sono servite per realizzare il tavolo zero. È quindi un oggetto che rivela il processo con cui è stato realizzato, che esprime ciò che è realmente, senza scorciatoie.

Struttura: Cemento Bianco
Piano: Alluminio

Come affronti il processo creativo?

RS — C’è una fase preliminare di ricerca, nella quale raccolgo immagini e testi, seguita da un’analisi multidisciplinare sulla materia. Non mi focalizzo mai sul disegno dell’oggetto in sé ma piuttosto sulla narrazione che sta dietro all’oggetto, sulle informazioni da veicolare, su cosa si cerca di esprimere, su quale linguaggio utilizzare. Questa ricchezza di informazioni e riferimenti deve poi essere sintetizzata e condensata attraverso il disegno che diventa quindi sintesi e catalizzatore.

Cosa ti accomuna con l’approccio e la visione di Tacchini per il design?

RS — Con Tacchini condividiamo la stessa voglia di sperimentare, di andare aldilà delle convenzioni e delle posture, alla ricerca di un’estetica autentica che sia la naturale manifestazione di un processo di trasformazione della materia. E poi c’è l’equilibrio tra il disegno e l’estetica della materia stessa, sempre con sobrietà ed eleganza, evitando inutili eccessi. A entrambi piace l’idea di un segno forte, ma allo stesso tempo colto e discreto.

Cassero
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