Lenta e Raccolta, di Felix Burrichter
Tra un progetto e un altro, l’architetto novantenne Umberto Riva ama dipingere, talvolta impiegando anni per terminare una delle sue composizioni geometriche astratte.
Autore: Felix Burrichter
Tag: Storie, Ispirazioni
Ritratto di Umberto Riva
Ma il lento incedere del Modernista milanese è il prezzo da pagare per un risultato e una riflessione profondi. Prima di diventare architetto, Riva era pittore. Ha impiegato dieci anni a conseguire la laurea in architettura. Attualmente, le sue opere sono acclamate tra i contributi fondamentali alla storia dell’architettura e del design. Con Riva, ogni angolo e curva diventano elementi distintivi: tutte le caratteristiche del suo lavoro si sintetizzano per creare spazi e oggetti che, piuttosto che ostentare il proprio sapiente design, sono “talmente eleganti da divenire irriconoscibili” (secondo le parole dell’architetto milanese Luca Cipelletti). La lentezza, la riflessione e l’attenzione che Riva presta ad ogni singolo progetto si concretizzano in design così completi da sembrare quasi del tutto privi di una pianificazione, ma destinati ad essere così come sono.
Umberto Riva, appartamento, via Paravia, 1965-67 (ph. Giorgio Casali – Università IUAV di Venezia, Archivio Progetti, Fondo Giorgio Casali).
Si prenda, ad esempio, il suo E63, una lampada da tavolo composta interamente da lamiere modellate. Progettata nel 1963, per un bando di concorso, la sua forma si ispirava ad uno degli artisti preferiti di Riva, lo scultore rumeno Constantin Brancusi (la lampada doveva inizialmente portare il suo nome). Oggi l’E63 è tra gli oggetti di maggiore ispirazione del design del ventesimo secolo e, dalla sua riedizione nel 2017, ha goduto di una rinnovata popolarità in una platea composta da generazioni più giovani del suo novantaduenne inventore. Ma se oggi possiamo apprezzare di nuovo la presenza rigorosa dell’E63, è grazie alla lungimiranza di Giusi Tacchini, la quale ha compreso che era giunto il tempo del tanto atteso ritorno di questo classico di Riva. Tacchini e Riva si sono incontrati per la prima volta nel 2016, ad una fiera d’arte tenutasi a Bologna, dove venne presentata una E63 originale. Da allora è divenuta parte integrante della collezione Tacchini Edizioni, la speciale raccolta di oggetti di design che fanno da complemento al catalogo principale di soluzioni di seduta e di arredo.
La lampada E63, prodotta da Tacchini Edizioni
La collezione Edizioni, che, oltre alla E63 e ad altri oggetti di design di Riva, include anche opere di Alvino Bagni, Pearson Lloyd, Truly Truly e Maria Gabriella Zecca, incarna lo spirito intramontabile di lentezza e riflessione che Riva dona a ciascuno dei suoi progetti. La selezione è rivolta al vero intenditore, al collezionista che comprende quanto tempo occorra per assemblare un insieme di oggetti che resistano al tempo e accumulino valore.
Ad attirare l’attenzione c’è molto di più di grandiose collezioni e design che hanno segnato un’epoca. Sono oggetti particolari, in cui lo spirito unico di ciascun dettaglio è stato affrontato con un elevato senso d’attenzione. Basta considerare gli edifici progettati da Riva. Sebbene sia un convinto Modernista, nelle sue abitazioni si evitano gli angoli retti in modo sorprendente e quasi ossessivo. Ad esempio, nella Casa De Paolini, terminata a Milano nel 1985, pareti con piastrelle in vetrocemento dividono gli ambienti con diagonali inaspettate, mentre un tetto spiovente sporge in modo aggressivo da un insieme di tavole appoggia su supporti di metallo di varia grandezza e superfici laccate dall’ampia curvatura. O la Casa Berrini del 1967, in cui pareti in cemento grezzo vengono bilanciate da scale alla veneziana dotate di corrimani arcuati che interrompono un ambiente che altrimenti poteva essere percepito come semplice o severo. Allo stesso modo, tra gli oggetti della collezione Tacchini Edizioni ci sono i tappeti di Riva che, sebbene siano essenzialmente combinazioni di semplici forme geometriche, irrompono con una rara e festosa energia. Alcuni riproducono le planimetrie delle case che ha progettato, con i loro angoli e i colori a contrasto che vibrano in un modo che non smette mai di sorprendere, senza che si riesca davvero a comprenderne il perché.
Con il suo approccio alla progettazione, Riva ci insegna un nuovo modo di vedere le cose. “È importante non mantenere una visione troppo statica” – spiega: “ma permetterle di promuovere nuovi punti di vista con cui avviare un dialogo costante e reciproco”. Ha paragonato i suoi progetti a un “flipper”, un ambiente in cui le cose accadono. Ma è l’arredamento che può dare vita ad un piano statico. “Si può modificare la banalità di un progetto attraverso l’uso dell’arredamento. Quello che voglio dire è che l’arredo può aiutare a sconvolgere la prevedibilità di alcuni spazi”. La forma dell’arredamento non è solo determinata dalla sua funzione ma anche dalla sua relazione con lo spazio, “contribuendo a plasmarlo e a renderlo ciò che è”.
La collezione Tacchini Edizioni incarna questo spirito di riflessione, incanalando gli insegnamenti di Riva verso un approccio di design assoluto in cui la creazione di uno spazio e la costruzione di una collezione sono insite in quell’impresa eccezionale rappresentata dalla progettazione di uno stile di vita. Siano essi del 1963 o del 2020, gli oggetti scelti per la collezione Tacchini Edizioni superano il concetto di immediato e di attuale, invitandoci a circondarci di oggetti che regalano un’ispirazione permanente. Citando Riva: “Si fa architettura perché è un’ancora di salvezza che offre delle risposte all’assurdità del vivere”. Fate un bel respiro, rallentate, osservate: la risposta attende solo di essere colta.